Invalidità e Diritti | Disabilità e Caregiver

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Come andare in pensione con l’80% di invalidità?
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Come andare in pensione con l’80% di invalidità?

Ti spiego in questo articolo come funziona la pensione anticipata per chi ha una invalidità a partire dall'80%. A chi spetta, requisiti, esempi. Chi è escluso. Facciamo chiarezza.

Luciano Trapanese
giu 10, 2025
∙ A pagamento
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Quando la salute frena il passo, continuare a correre nella maratona lavorativa può diventare un’impresa più che eroica, e il pensiero di poter tagliare prima il traguardo della pensione smette di essere un vago desiderio per trasformarsi in una necessità concreta.

Ma come si fa a ottenere davvero quell’uscita anticipata riservata ai lavoratori invalidi all’ottanta per cento? La risposta è nascosta dietro un intreccio di percentuali, leggi con numeri di decreto che si susseguono, circolari INPS e sentenze di Cassazione che nel tempo hanno chiarito – o complicato, a seconda dei punti di vista – chi ha diritto al via libera con qualche anno di anticipo e chi invece deve rassegnarsi a restare in pista fino all’età di vecchiaia ordinaria.

Tra le pieghe di queste norme si muovono storie di operai con il fiato corto a causa di una cardiopatia, impiegati costretti a convivere con una sclerosi multipla che consuma energie e concentrazione, lavoratrici colpite da patologie oncologiche che rendono impossibile reggere gli stessi ritmi di prima.

Tutti accomunati da un dubbio: l’invalidità che ho in tasca è quella “giusta”, quella che conta davvero per andare in pensione? E se sì, come dimostrarlo all’INPS?

L’obiettivo di queste pagine è proprio sciogliere il nodo: raccontare, in modo chiaro, che cos’è la pensione anticipata per invalidità, spiegare perché quel famigerato ottanta per cento non è un numero buttato lì a caso, svelare la differenza tra invalidità “civile” e “specifica” e, soprattutto, chiarire perché chi ha cominciato a versare contributi dopo il 1996 – i cosiddetti contributivi puri – rimane, per ora, fuori da questo meccanismo di protezione.

È un viaggio attraverso la legislazione che parte dal decreto del 1992, passa per la riforma Dini, si confronta con la Fornero e arriva fino alle circolari più recenti del 2025, ma lo affronteremo come se sfogliassimo le pagine di un lungo reportage, facendo parlare gli esempi e lasciando che le domande più frequenti trovino risposta una dopo l’altra.

Perché la burocrazia è fatta di articoli, commi e percentuali, ma dietro quei numeri ci sono vite e bisogni molto concreti: sapere se si ha diritto a fermarsi prima del tempo – e come far valere quel diritto – non è un puro esercizio di carta e timbri, è la possibilità di vivere il lavoro e la salute con un po’ più di serenità e dignità.

Ecco cosa trovi in questo contenuto.

I. Scenario e obiettivo
1 – Introduzione · Il perché di una pensione “80%” e a chi interessa davvero

II. Cosa dice la legge
2 – Cos’è la pensione anticipata per invalidità
3 – Il requisito dell’80% · Chi rientra nel beneficio e da quali norme è garantito

III. Natura dell’invalidità
4 – Generica o specifica? · Come capire quale conta davvero
5 – Differenza tra le due letture · Esempi che chiariscono il confine

IV. Come ottenerne il riconoscimento
6 – Procedura INPS · Domanda, visita medico-legale, verbale finale
7 – Il ruolo (e i limiti) dell’assegno ordinario nel percorso

V. Casi pratici
8 – Quando l’invalidità specifica tocca l’80% · Situazioni tipo e motivazioni cliniche

VI. Paletti ed esclusioni
9 – La barriera del 1996 · Perché i contributivi puri restano fuori
10 – Questione di equità · È davvero una discriminazione o no?

VII. Riferimenti
11 – Leggi, decreti e circolari da consultare per approfondire

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Cos’è la pensione anticipata per invalidità?

La pensione anticipata per invalidità (detta anche pensione di vecchiaia anticipata per invalidi) è un trattamento che permette ad alcuni lavoratori gravemente invalidi di andare in pensione prima dell’età ordinaria prevista.

In pratica, grazie a una norma speciale, gli invalidi con una invalidità riconosciuta pari almeno all’80% possono ottenere la pensione di vecchiaia a un’età ridotta rispetto agli altri lavoratori.

Questa agevolazione è nata per tutelare i lavoratori con gravi problemi di salute, consentendo loro di smettere di lavorare qualche anno prima, pur avendo raggiunto un’anzianità contributiva minima.

Non si tratta quindi di una pensione “di invalidità” assistenziale, ma di una pensione di vecchiaia a tutti gli effetti, solo ottenuta in deroga ai normali limiti di età in virtù dello stato invalidante.

La normativa di riferimento è l’art. 1 comma 8 del Decreto Legislativo n. 503/1992, che stabilisce appunto che l’innalzamento dell’età pensionabile non si applica agli invalidi almeno all’80%. La legge ha dunque “bloccato” l’età pensionabile per queste persone ai livelli precedenti alle varie riforme.

Attualmente, i requisiti anagrafici agevolati per chi rientra in questa categoria sono i seguenti: 61 anni di età per gli uomini e 56 anni per le donne, rispetto ai 67 anni richiesti di normale.

In origine la soglia era 60 anni per gli uomini e 55 per le donne (cioè l’età di vecchiaia in vigore prima delle riforme degli anni ‘90), ma anche per gli invalidi sono stati applicati nel tempo gli adeguamenti alla speranza di vita, portando i requisiti agli attuali 61 e 56 anni.

Oltre all’età ridotta, è necessario possedere almeno 20 anni di contributi versati (i normali requisiti contributivi per la pensione di vecchiaia).

Resta ferma anche la cosiddetta “finestra mobile” di 12 mesi: il primo assegno pensionistico sarà erogato trascorso un anno (12 mesi) dalla data di maturazione dei requisiti.

In sintesi, la pensione anticipata per invalidità è una vecchiaia anticipata riservata a lavoratori dipendenti con invalidità pari o superiore all’80%, i quali – avendo accumulato almeno 20 anni di contribuzione – possono smettere di lavorare circa 6 anni prima rispetto ai requisiti ordinari (tenendo conto degli aggiornamenti attuali).

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