Cos’è e come funziona il periodo di comporto (maxi guida)
In questa maxi guida ti spiego nei dettagli come funziona il periodo di comporto e come evitare il licenziamento quando si rischia di superare i giorni massimi di assenza per malattia.
Se sei costretto a letto da un’influenza che non passa o da un intervento chirurgico che richiederà settimane di riabilitazione: la prima domanda, fra termometri e referti medici, è sempre la stessa: «Fino a quando il mio posto di lavoro resterà al sicuro?».
La risposta abita in quell’angolo del diritto del lavoro che prende il nome di periodo di comporto, una sorta di “paracadute temporale” che tiene in sospeso il contratto, protegge il salario (almeno in parte) e, soprattutto, mette un cartello di non disturbare sul rapporto di lavoro mentre il dipendente combatte la propria battaglia con la salute.
Dietro questa espressione si nasconde un equilibrio delicato, disegnato dall’articolo 2110 del Codice civile e rifinito da decine di contratti collettivi, sentenze e circolari INPS: da un lato il diritto sacrosanto a curarsi senza timore di perdere lo stipendio, dall’altro la necessità dell’impresa di non restare perennemente scoperta.
Il comporto è, insomma, il termometro che misura la «tolleranza» dell’ordinamento verso l’assenza per malattia, fissando un limite oltre il quale si apre la porta – talvolta inevitabile – del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Eppure, semplificare la questione a un mero conteggio di giorni sarebbe riduttivo. Perché la durata non è uguale per tutti: cambia a seconda del settore (dal metalmeccanico al commercio), varia con l’anzianità di servizio, raddoppia nel pubblico impiego e, in taluni casi, si azzera del tutto quando la malattia è una conseguenza diretta del lavoro, quando si tratta di terapie salvavita o di maternità.
Inoltre, dietro il numero di mesi o di giorni, si snodano opzioni poco conosciute – dall’aspettativa non retribuita alla possibilità di trasformare le assenze in ferie, fino ai cosiddetti “accomodamenti ragionevoli” previsti dalla normativa antidiscriminatoria europea per chi diventa disabile.
Muoversi in questo labirinto richiede di dosare norme, clausole di contratto, prassi aziendali, interventi dei giudici e circolari previdenziali sempre aggiornate.
Ecco perché, prima di affrontare le domande chiave che svelano ogni piega del periodo di comporto, vale la pena fermarsi e affilare gli strumenti: conoscere la bussola normativa, capire la logica di fondo e scoprire come i diversi tasselli – malattia comune, infortunio, patologie gravi, inidoneità sopravvenuta, licenziamento – si incastrano in un mosaico che ruota intorno al medesimo principio: tutelare la salute senza sacrificare né il lavoro né la tenuta dell’impresa.
Solo entrando in questa prospettiva sarà possibile valutare davvero – con la giusta serenità e una manciata di calcoli precisi – quanto tempo resta prima che il conto alla rovescia del comporto esaurisca la sua protezione e quali strategie, legali o contrattuali, possono allungarlo o sospenderlo.
Perché, quando la malattia bussa alla porta, sapere di avere alle spalle un sistema di tutele chiare e ben calibrate significa affrontare la convalescenza con un pensiero in meno e, spesso, una speranza in più.
Ecco cosa troverai in questo testo.
1 — Definizione e fonti
Il periodo di comporto è il tempo massimo di assenza per malattia (o eventi assimilati) durante il quale il lavoratore conserva il posto: lo prevede l’art. 2110 c.c. e ne stabiliscono la durata i CCNL.
2 — Funzione
Serve a bilanciare il diritto del dipendente a curarsi senza perdere l’occupazione con l’esigenza dell’azienda di non restare scoperta indefinitamente.
3 — Tipologie
Due i conteggi: comporto “secco” (un’unica assenza continuativa) e comporto “per sommatoria” (più malattie sommate in un arco di tempo, di solito l’anno).
4 — Durate nel privato
I contratti fissano soglie diverse: da 6 mesi (180 giorni) nei settori più diffusi, fino a 12 mesi continuativi o 18 complessivi nei CCNL con anzianità più lunghe; il minimo legale teorico per gli impiegati (3–6 mesi) è ormai superato dalla contrattazione.
5 — Regole nel pubblico impiego
Conservazione del posto per 18 mesi retribuiti più altri 18 senza stipendio (totale 36 mesi), con esclusione dal conteggio di patologie gravi, terapie salvavita, infortuni di servizio, maternità.
6 — Calcolo pratico
Si contano i giorni di calendario coperti da certificato (week-end e festivi inclusi se la malattia è continuativa); nei part-time verticali il limite va rapportato; con CIG a zero ore la malattia non consuma comporto.
7 — Malattia vs infortunio
Le assenze per infortunio sul lavoro o malattia professionale, in molti CCNL e secondo la Cassazione, non erodono il comporto ordinario.
8 — Giorni esclusi
Non si computano: ricoveri e terapie salvavita per patologie gravi, malattie legate a gravidanza, permessi 104, congedi straordinari, donazione di midollo, assenze per cause imputabili al datore.
9 — Superamento del termine
Scaduto il comporto, il datore può licenziare per giustificato motivo oggettivo, ma prima deve rispettare eventuali aspettative contrattuali o concordare proroghe; resta dovuto il preavviso.
10 — Procedura e tempestività
Il recesso deve essere scritto, motivato e tempestivo; l’azienda deve provare il corretto conteggio e – se previsto – informare il dipendente della facoltà di chiedere aspettativa.
11 — Informazione al lavoratore
Il dipendente può chiedere in qualsiasi momento il prospetto dei propri giorni di assenza; alcuni CCNL impongono all’azienda di fornirlo entro termini precisi.
12 — Trattamento economico
Durante il comporto: indennità INPS/INAIL più integrazioni aziendali previste dal contratto; dopo il comporto cessano salario e indennità, salvo tutela NASpI o pensioni se maturate.
13 — Incidenza di orario e smart working
Part-time orizzontale: nessuna differenza; verticale: proporzione; smart working: malattia conteggiata normalmente.
14 — Tutela giudiziale
Il lavoratore può impugnare il licenziamento per errori di calcolo, mancata concessione dell’aspettativa, discriminazione o violazione di obblighi di ricollocazione/accomodamento.
15 — Esempi operativi
Somma di più certificati, festività incluse, ricoveri prolungati, conversione in ferie per evitare lo sforamento, effetti della CIG o di assenze brevissime e ripetute: casi concreti mostrano come applicare (o evitare di consumare) il comporto.
Il periodo di comporto: definizione, normativa e applicazione pratica
Il periodo di comporto è il periodo massimo di assenza per malattia (o eventi assimilati) durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Finché il lavoratore è assente entro questo limite temporale, il datore di lavoro non può licenziarlo a causa dell’assenza per malattia.
Il fondamento normativo si trova nell’art. 2110 del Codice Civile, che stabilisce che in caso di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio il rapporto di lavoro è sospeso e il datore non può recedere prima del termine di conservazione del posto previsto dalla legge, dai contratti collettivi o dagli usi.
Questo periodo è appunto definito “termine di comporto” dai contratti collettivi. Sono i CCNL (Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro) a fissare la durata concreta del comporto per ciascun settore o categoria.
La legge, salvo casi particolari, rinvia alla contrattazione collettiva: ad esempio, una normativa datata (R.D.L. 1825/1924) prevede per gli impiegati un comporto legale di 3 mesi (anzianità fino a 10 anni) o 6 mesi (anzianità oltre 10 anni), ma oggi quasi sempre prevalgono le durate stabilite dal CCNL applicabile al lavoratore.